Suto è il cognome di Yoshi, il rinomato chef proveniente dal Giappone che ha girato tutto il mondo per poi aprire la sua piccola (ma molto apprezzata) cucina a Barcellona (per prenotazioni)
Ciò che rende unico questo scorcio di Giappone è la famosa “barra” omakase, ovvero il bancone intorno alla quale i commensali si siedono per osservare le sapienti mani che creano, e per gustare ogni pietanza in stretto contatto con chi la prepara.
Omakase (お任せ) significa “lo lascio nelle tue mani”, ovvero in un ristorante di sushi è come se il cliente dicesse al ristoratore “lascio a te la scelta”, il cliente non sceglie nulla, ma mangerà ciò che gli viene offerto. Nei ristoranti di sushi giapponesi è proprio una tradizione, ed è anche un particolare simbolo per esprimere fiducia nei confronti di chi ti prepara il cibo. Di solito un menu Omakase è composto da circa 10 piatti a cui si accompagna del tè caldo. Quindi anche noi ci siamo affidati alle sapienti mani di chef Suto, gustando piatto dopo piatto le sue proposte e accompagnando questa volta il menu con del buon tè tradizionale.
In un primo momento abbiamo sorseggiato tipico tè verde giapponese con i primi piatti di pesce fresco, per poi passare ad un tipico tè verde più tostato per accompagnare i piatti caldi e le carni: tè verde kukicha.
Il menu inizia con un succulento percorso di nigiri squisiti fatti con pesce freschissimo tra cui: tonno, sgombro, branzino e filetto di tonno. Una breve interruzione del percorso con asparagi bianchi, tipici della zona.
In seguito un brodo di cozze e funghi giapponesi, da bere dalla tazza.
Si prosegue con i gyoza di gambero con salsa di testa di gambero e cocco (scusate amici vegani, lo so che non è proprio quello che vorreste leggere!), in seguito una magnifica ostrica in tempura, ovvero avvolta nella pastella per poi friggerla, un tocco sublime di questo menu omakase.
Ogni piatto è semplice ma ricco di sapori ben amalgamati, sia il pesce che la carne studiati al dettaglio, lo chef Suto preciso e meticoloso nel comporre queste piccole opere d’arte.
Il grande vantaggio di poter assistere alla preparazione in diretta di questi piatti rende la relazione tra commensali e chef assolutamente fluida, c’è un’interazione costante che consente allo chef di descrivere al meglio le proposte, e al cliente di poter esaudire il desiderio di porre domande e approfondire alcune tematiche, infatti scopriamo che Yoshi ha vissuto anche in Italia. Per molti chef lavorare nelle cucine consente di girare per il mondo conoscendo nuove idee, ricette e tradizioni culinarie.
Proseguendo il percorso del menu abbiamo assaggiato la fois grois marinato nel miso, un nigiri con lomo iberico (maiale iberico) e un magro di tacchino con salsa yakiniku.
Le ultime due sorpese sono molto interessanti: ci viene servito un ramen a freddo tantanmen che è uno delle varianti dei noodles giapponesi in brodo, arricchito con la sbriciola di carne al miso e la crema di sesamo .
Yoshi ci spiega che durante le cene tradizionali giapponesi il ramen viene servito per ultimo, proprio come questa volta, come si poteva sospettare è davvero delizioso, anche i noodles serviti a parte fanno la differenza, così da poterli immergere nel brodo poco per volta, in modo che si possa apprezzare questa combo al 100%.
Passiamo al dolce: per la prima volta in assoluto abbiamo assaggiato la kakigori (かき氷) , un dolce giapponese simile alla granita a base di sfoglie di ghiaccio, da Suto viene lavorato direttamente a mano con una macchina a manovella tradizionale: bellissimo vedere questi fiocchi di ghiaccio cadere sulle nostre ciotole durante la lavorazione. Il meccanismo è semplice: viene posizionata sul ripiano della macchina una lastra di ghiaccio e mano a mano, mediante la manovella, si taglieranno fiocchi di neve che andranno a finire direttamente nelle tazze.
Per completare l’opera si verserà un po’ di sciroppo sul ghiaccio e con il cucchiaino si potrà mangiare comodamente come una granita, lo sciroppo in questo caso era a base di ibisco, pompelmo e litchi.